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Un patto intergenerazionale per l’ambiente: la Costituzione si rifà il look.

È notizia di questi giorni che il Parlamento, a stragrande maggioranza e in tempi record, ha modificato due articoli della nostra Costituzione, dando dignità autonoma ad un bene che è sempre stato considerato servente rispetto agli interessi e ai diritti dell’individuo: l’ambiente.

Ma cosa significa esattamente? Scopriamo le principali novità.

All’articolo 9 della Carta costituzionale, tra i principi supremi che ne costituiscono il nocciolo duro, la recente riforma annovera l’ambiente (oltre che la biodiversità, gli eco-sistemi e gli animali) tra i principali destinatari della tutela che la Repubblica deve garantire.

Tradotto: l’ambiente non è più un semplice parametro per misurare il grado di salubrità dell’habitat in cui l’uomo vive o una materia, tra le altre, in cui è lo Stato a dettar legge (si allude alla c.d. competenza esclusiva statale in materia) ma rileva autonomamente come un bene da preservare in quanto tale.

Pre-servare ovvero, etimologicamente, occuparsi in anticipo del suo stato di conservazione.

Non solo. Il nuovo articolo 9 specifica quale deve essere la stella polare di questa nuova traiettoria, aggiungendo ai parametri già elaborati ante-riforma dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, anche – testualmente – l’interesse delle future generazioni.

Più che un patto, dunque, un vero e proprio obbligo a carico dello Stato a beneficio di chi verrà.

Necessità messa nero su bianco, di pianificare l’impatto ambientale di lungo periodo di ogni iniziativa, di saper progettare il mondo di domani abbandonando la visione miope del breve termine e dell’urgenza.

Su questa scia a cambiare veste è anche l’art. 41 dedicato all’iniziativa economica privata: si sancisce che la salute e l’ambiente sono paradigmi da tutelare da parte dell’economia, al pari della sicurezza, della libertà e della dignità umana. E che le istituzioni possono orientare l’iniziativa economica pubblica e privata verso fini sociali e ambientali.

Gli addetti ai lavori hanno osservato come le recenti novelle costituzionali avvicinano l’Italia alla legislazione di altri paesi europei: in particolare alla Francia dove, dal 2005, la Costituzione contiene una Carta dell’ambiente (Charte de l’environnement) che eleva l’ambiente a bene costituzionalmente protetto e alla Germania, che lega le norme sulla tutela di ambiente e animali alla responsabilità verso le future generazioni.

Un orientamento condiviso a livello europeo ed espresso dagli ultimi accordi internazionali nati dalla crisi climatica, che vanno in direzione dei temi sociali ed economici propri dei pilastri dello sviluppo sostenibile. 

Nel prossimo futuro, oltre a misurare l’impatto sociale ed economico dell’intervento normativo in parola, assisteremo verosimilmente ad una copiosa attività interpretativa della Corte che sarà chiamata a declinare, definendone le sfumature, questi nuovi principi che già da ora pongono un freno a leggi e atti normativi in grado di danneggiare, anche indirettamente, il bene ambiente inteso nel suo complesso.

Si pensi, ad esempio, e più in concreto, all’autorizzazione all’esercizio di attività particolarmente inquinanti o al tema delle emissioni delle attività produttive o, ancora, al ciclo dei rifiuti ed allo sfruttamento del sottosuolo.

Quante questioni saranno portate davanti al giudice costituzionale, specie su impulso delle associazioni ambientaliste?

È facile prevedere che le nuove norme avranno ampia e diffusa applicazione, incidendo direttamente sulla vita quotidiana delle persone. Non solo parole, quindi, ma – soprattutto – problematiche quotidiane più che mai attuali. Imprese, lavoratori, noi tutti: come individui e come collettività. Nessuno sarà risparmiato da questa nuova direzione.

Ma quali iniziative potrebbero essere adottate sulla scorta di questi nuovi principi?

Quali saranno i settori maggiormente coinvolti e come cambieranno le nostre abitudini e il nostro modo di rapportarci all’ambiente che ci circonda?

Nei prossimi articoli proveremo a rispondere ad alcune di queste domande…

Roberto Minarelli – socio fondatore Momentumgreen

 

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