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La lotta al cambiamento climatico è sempre più attuale, soprattutto se parliamo di produzione di energia in riferimento alle emissioni di Co2.

Nel mondo si produce oltre 40 miliardi di tonnellate di Co2 all’anno e l’opportunità di trovare soluzioni efficaci ed efficienti per contenerla in tempi brevi è fondamentale. 

Il Green Deal è la strategia adottata dall’Europa per diventare il primo continente ad impatto climatico zero entro il 2050; uno degli aspetti importanti che promuove è sicuramente la decarbonizzazione energetica con lo sviluppo di fonti rinnovabili, ma anche tramite i cosiddetti CCS (Carbon Capture and Storage).

Di cosa si tratta?

I CCS sono impianti realizzati per catturare la Co2 dall’aria ed immagazzinarla in siti di stoccaggio come, ad esempio, i vecchi giacimenti di gas o petrolio. Questi impianti sono al centro di dibattiti tra chi li sostiene considerandoli una reale soluzione e chi li combatte valutandoli inefficaci e costosi. 

Nei giorni scorsi è stata pubblicata un’indagine di Global Witness su un impianto CCS di proprietà della Shell, compagnia petrolifera, in Canada. L’impianto è stato installato nel 2015 presso un giacimento per la produzione di idrogeno fossile detto anche idrogeno blu. L’indagine evidenzia che l’impianto ha catturato 5 milioni di tonnellate di Co2 in cinque anni, ma ne ha emesse 7,5 milioni nello stesso periodo oltre ad altri gas serra. Secondo Global Witness l’impianto cattura solamente il 48% delle emissioni anziché il 90% atteso. La compagnia petrolifera ha replicato alle accuse dichiarando che l’obiettivo era il 33% e che in realtà l’impianto è più efficace del previsto. 
 
La realtà è che gli impianti CCS sono ancora molto costosi e richiedono investimenti importanti
; tuttavia, fattori come il prezzo in aumento dei diritti ambientali e le diverse esigenze dei settori industriali stanno facendo nascere diversi progetti anche in Italia dove manca una reale normativa che regolamenti lo stoccaggio della Co2.
 

Non c’è molto tempo per capire se i CCS sono una reale soluzione e le divergenze di pensiero tra le parti sembra essere un ulteriore ostacolo, come l’appello al Governo firmato da diversi scienziati e docenti universitari italiani che hanno espresso apertamente il loro dissenso.

Adriano Zucca – socio fondatore Momentumgreen

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