Di cosa si tratta?
Un malessere psicologico, un senso di ansia generalizzata che si manifesta riguardo ai dilaganti disastri ambientali causati dall’uomo.
La solastalgia, così è stata definita, è un disturbo legato al cambiamento climatico, di fronte al quale si avverte un senso di impotenza: mari sempre più inquinati, aria malsana, ghiacciai che si sciolgono e specie animali che si estinguono, per citarne alcuni.
Il termine è stato coniato nel 2003 da un gruppo di psichiatri australiani dell’università di Newcastle e dal filosofo Glenn Albrecht: indica il malessere che ci invade quando l’ambiente che ci circonda è stato violato, distrutto, abbandonato.
Si tratta di un neologismo, una creazione recente, infatti, solo nell’era dell’antropocene (ne abbiamo parlato QUI) poteva nascere uno stato d’animo come quello della solastalgia, un sentimento di profonda frustrazione all’idea che la terra si stia avviando verso il punto di non ritorno.
Questa ‘malattia’ può colpire chiunque, tuttavia, le persone più vulnerabili sono quelle che hanno con la natura un rapporto più simbiotico, quelle che si informano, che conoscono bene i fenomeni che stanno minacciando il Pianeta e sanno quanto potrebbero impattare sulle loro vite, in particolare gli adolescenti e i giovani maggiormente preoccupati per il loro futuro.
Per affrontare questo tipo di disagio in maniera seria è importante rivolgersi ad un medico specialista; un altro modo è quello di impegnarsi in prima linea per contrastare il cambiamento climatico, ovvero studiare, diventare attivisti per l’ambiente e far capire a tutti, con il proprio esempio, quali sono i problemi ambientali urgenti da risolvere.
Minarelli Mara – socio fondatore Momentumgreen
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