Il primo pensiero quando si parla di guerra va alle persone, ai morti, ai feriti, alla distruzione, ai sentimenti di terrore e paura che invadono intere comunità.
Ma se si volesse fare una valutazione dell’impatto globale di una guerra, anche in termini di territorio, quali considerazioni si potrebbero fare?Le guerre generano conseguenze pesanti non solo sui civili, ma anche sull’intero ecosistema naturale, talmente disastrose che nemmeno una pace immediata potrà cancellarne gli effetti.
Da analisi sugli eventi bellici del passato è emerso che le emissioni globali di Co2, prevalentemente legate ai combustibili fossili, sono state enormemente influenzate dall’effetto delle guerre.
Nel 1914, durante la Prima guerra mondiale le emissioni, che erano molto inferiori a quelle di oggi, si stima fossero intorno ai 3 miliardi di tonnellate mentre nella Seconda guerra mondiale le emissioni sono aumentate superando i 5 miliardi di tonnellate nel 1943, a causa sicuramente del tipo di guerra, molto diverso sia per gli equipaggiamenti che per il tipo di armi impiegate.
Già dal 1950 con la ripresa post-bellica ed il successivo boom economico le emissioni hanno subìto una significativa impennata raggiungendo i 6 miliardi di tonnellate. Numeri che fanno impallidire ma che sono niente a confronto delle emissioni attuali: oggi stiamo immettendo ben 38 miliardi di tonnellate di Co2!
Per restare in tema di attualità, molto pensante per la già delicata crisi ambientale globale è la situazione che si sta verificando in Ucraina; recenti analisi stimano infatti che le emissioni riconducibili agli eventi bellici e agli armamenti siano circa il 5% delle emissioni annuali mondiali.
Se dovesse esserci ‘un cessate il fuoco’ immediato, oltre ai benefici ovviamente sulle vite umane e sul benessere generale di quei paesi e delle loro popolazioni ce ne sarebbero anche per il clima e l’ambiente, anche se i danni provocati finora sarebbero pressoché permanenti.
In Ucraina, ad esempio, nella regione del Donbass, importante zona mineraria, a causa della guerra si è verificato un repentino abbandono delle aree minerarie e delle attività estrattive, zone che necessitano di essere presidiate anche per contenere possibili rilasci da parte degli impianti chimici di lavorazione dei metalli di sostanze tossiche inquinanti; se un sito di questa portata viene abbandonato e non più messo in sicurezza si ha subito una dispersione di sostanze inquinanti con possibili contaminazioni di falde acquifere e disastri ambientali enormi.
In questa zona si calcola siano andati distrutti circa 500 mila ettari di ecosistemi e 150 mila ettari di foreste e che ci vorranno decenni prima di vederla risanata.
Anche la città di Mariupol, assediata da giorni, è diventata la città più inquinata d’Europa, con problemi di inquinamento evidenti già prima della guerra per la concentrazione di molte acciaierie ed imprese industriali altamente inquinanti.
I bombardamenti, i depositi di munizioni e carburate, gli spostamenti navali e aerei, quelli dei veicoli e dei carri armati non hanno fanno altro che amplificare i problemi già consolidati nel tempo.
Posto che il problema delle emissioni richieda grande impegno e attenzione da parte di tutti, anche l’attuale conflitto, e tutte le guerre in genere, non aiutano allontanandoci dagli obiettivi fissati dall’Agenda 2030.
Conseguenze irreversibili quindi anche dal punto di vista ambientale che purtroppo sono destinate a rimanere a lungo nel tempo, tragiche come accade per le vite umane.
Mara Minarelli – socio fondatore Momentumgreen
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