Charles Darwin sosteneva che “non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatta meglio al cambiamento“.
Cambiamento in senso lato ma anche, in questo caso, cambiamento climatico.
Per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico è necessario il contributo individuale di tutti. Non è sufficiente che i leader mondiali si riuniscano intorno a un tavolo, come faranno tra poco più di un mese a Glasgow alla COP26, e prendano impegni il più possibile vincolanti per le rispettive nazioni. È necessario, ma non sufficiente.
Gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo devono venire recepiti dai governi nazionali, per poi coinvolgere tutti i livelli istituzionali e amministrativi. Questo in parte è già avvenuto o sta avvenendo, ma devono essere sviluppati progetti concreti come quelli per l’efficientamento energetico degli edifici o il superbonus edilizio al 110%, che si integrino nei piani amministrativi e urbanistici delle singole città.
La Fondazione CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, ha presentato il mese scorso il rapporto “Analisi del rischio – il cambiamento climatico in sei città italiane” che analizza come sei tra le principali città italiane – Torino, Milano, Venezia, Bologna, Roma e Napoli – stanno affrontando la sfida dei cambiamenti climatici.
L’ambiente urbano, infatti, oltre a ospitare il 56% della popolazione italiana, ha caratteristiche specifiche che lo rendono particolarmente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici. La conformazione e la quantità degli edifici, la densità di popolazione, la presenza di superfici impermeabili e che trattengono il calore, la presenza limitata di aree verdi espongono maggiormente le città ad ondate di calore, siccità, precipitazioni intense e al rischio di alluvioni. Tutti questi fenomeni, secondo il rapporto, sono destinati ad aumentare nei prossimi anni.
La Fondazione CMCC ha svolto un’analisi ancora più dettagliata sulle singole città italiane, considerando nello specifico quattro elementi.
Clima: negli ultimi decenni la temperatura media è aumentata in tutte le città considerate, fino a quasi 1°C. Entro fine secolo potrebbe aumentare di 2°C con l’applicazione di politiche climatiche mentre, secondo le stime del rapporto, crescerebbe fino a 6°C senza alcun intervento.
Impatti climatici: i giorni di caldo intenso in un anno potrebbero essere tra i 30 e i 60 a Milano, tra i 50 e i 90 a Napoli, tra i 28 e i 54 a Roma, tra i 29 e i 39 a Torino. Aumenteranno le precipitazioni intense e i fenomeni di allagamento: queste situazioni, che a Napoli, ad esempio, si sono verificate in media ogni 10 anni, potrebbero verificarsi ogni 4 anni. Il livello idrico di sicurezza a Venezia negli ultimi 10 anni è stato superato ben 40 volte. A Milano ci saranno meno giorni piovosi, ma con precipitazioni più intense.
Valutazione dei rischi climatici: Bologna risulta la città più all’avanguardia nella capacità di valutazione dei rischi collegati al cambiamento climatico. Milano e Torino dispongono di ricche risorse amministrative, tecniche e finanziarie, che risultano invece limitate a Napoli e potrebbero essere migliorate a Roma. A Venezia si preferisce collaborare con università ed enti di ricerca.
Strumenti di adattamento: molte differenze anche riguardo agli strumenti e alle azioni che ciascuna città vuole introdurre per contrastare il cambiamento climatico. Torino si avvale di un piano strategico per l’infrastruttura verde, Roma, Napoli, Bologna e Venezia di un piano di azione per l’energia sostenibile mentre Milano sta sviluppando un piano per la depurazione dell’aria. A Bologna è previsto anche un piano dedicato ai cambiamenti climatici e un piano urbanistico generale.
L’Italia non si è ancora dotata di strumenti a carattere diffuso e nazionale per far fronte a questi cambiamenti che sono irreversibili; ne era iniziato uno nel 2017, poi revisionato nel 2018, ma rimasto incompiuto e tutt’oggi in attesa di approvazione. È mancata la fase operativa e, probabilmente, manca ancora la consapevolezza politica di quanto sia importante questa fase.
I dati prodotti dal rapporto della Fondazione CMCC dovrebbero essere utilizzati per guidare le decisioni politiche.
Una corretta gestione del rischio è l’obiettivo del rapporto, che non sono solo individua i rischi fisici (ondate di calore, siccità, precipitazioni), ma evidenzia anche quelli finanziari (occorre riservare fondi per i danni, munirsi di coperture assicurative adeguate ad esempio) e altri rischi reputazionali, di mercato e tecnologici.
La necessità di prevenire i danni causati da eventi naturali è emersa in tutta la sua drammatica attualità allo scoppio della pandemia Covid che ha travolto i sistemi sanitari che si sono fatti trovare impreparati ad affrontare un’emergenza di tale portata.
Oggi disponiamo di sofisticati strumenti e analisi per “prendere le misure” agli impatti del cambiamento climatico. Non abbiamo scuse: dobbiamo attrezzarci per essere pronti anche nella gestione di emergenze climatiche causate da alluvioni o ondate di calore quando ci colpiscono.
Mara Minarelli – socio fondatore Momentumgreen
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