In uno dei nostri precedenti articoli avevamo trattato il tema della revisione costituzionale dei principi riguardanti la tutela dell’ambiente.
Tra le innumerevoli applicazioni della riforma si era accennato anche alla gestione del ciclo dei rifiuti.
Oggi vogliamo dedicarci proprio a questo raccontandovi di una recente iniziativa promossa dal Ministero della Transizione Ecologica (in breve, MITE) con un bando destinato a supportare gli enti locali nell’integrazione dei loro sistemi di raccolta: il c.d. bando mangiaplastica.
La misura punta ad incentivare i Comuni nella migliore selezione degli imballaggi in PET e HDPE (bottiglie in plastica e flaconi) e a ridurre la quota di frazione estranea presente nel materiale raccolto favorendo l’attivazione di un flusso pulito di materiale, destinato a nuova vita con un recupero del 100%, in poche parole da rifiuto a nuova materia prima.
Il sistema è semplice: le amministrazioni locali possono accedere ai fondi necessari per l’acquisto di un macchinario di compattazione degli imballaggi da installare preferibilmente in una zona ad elevato passaggio presso la quale gli utenti, a fronte dei loro conferimenti, possono ottenere un vantaggio economico sotto forma di buoni spesa o sconti sugli acquisti effettuati nel circuito commerciale degli aderenti al servizio oppure con una riduzione della TARI grazie agli eventuali riflessi diretti sul sistema di calcolo della tariffa puntuale.
Il bando prevede, nello specifico, un programma sperimentale con uno stanziamento complessivo iniziale di 27 milioni di euro in 4 anni ed altrettante finestre temporali per la presentazione dell’istanza di accesso al contributo a fondo perduto.
La prima finestra utile, quella del 2021, si è già conclusa e ha conosciuto un vero e proprio successo con una partecipazione numerosa e più di 700 domande effettivamente finanziate. La seconda, che sta per concludersi, terminerà oggi 31 Marzo (per maggiori dettagli: https://www.mite.gov.it/notizie/programma-mangiaplastica-il-31-gennaio-riapre-lo-sportello-i-comuni).
L’obiettivo è chiaro: sperimentare! Ma cosa esattamente?
In primis un modello nuovo e innovativo, che si affianca, integrandolo, a quello esistente che, specie nel Nord Italia, è costituito dalla raccolta porta a porta effettuata con personale e mezzi delle società delegate dai Comuni. Con tutto ciò che ne discende in termini di dispersione logistica del servizio ed eccessiva onerosità, intesa come insufficiente grado di copertura dei costi del servizio.
In secondo luogo, studiarne l’impatto, sociale ed economico, valutando il grado di partecipazione dei cittadini e i benefici diretti in termini di maggiore valorizzazione del materiale selezionato o di riduzione di parte dei costi del servizio, alleggerito a monte dall’accentramento logistico in zone appositamente dedicate alla raccolta e selezione del materiale.
In molti territori questo sistema è già stato strutturato grazie alla iniziativa di imprenditori privati e al supporto di enti locali che hanno saputo cogliere l’opportunità, in molti casi anche con risultati interessanti (su tutti, tra gli addetti al settore, ha fatto scuola il c.d. ‘modello Genova’).
E’ agevole intuire che, all’esito del programma, gran parte dei comuni italiani godrà di questo servizio innovativo, ma l’obiettivo risulterà concretamente raggiunto solo nella misura in cui, terminata la fase sperimentale, le società di raccolta (o altri soggetti con esse convenzionati) sapranno introdurre nell’offerta economica di partecipazione alle gare di affidamento del servizio un piano di implementazione dei macchinari esistenti consentendone, specie nei comuni più estesi, la fruibilità in più punti dedicati, dimostrando così nei fatti di avere realmente accettato la sfida.
Sarà questa la vera prova che il sistema può funzionare.
Il tema del ciclo integrato dei rifiuti intercetta, com’è intuibile, una ingente quantità di risorse per le amministrazioni locali che dell’efficienza dei servizi di recupero e smaltimento hanno spesso fatto una bandiera di credibilità. È a tutti noto lo stato in cui versa, sotto questo aspetto, la nostra capitale e quanto l’inefficienza nella sua gestione pesi, a livello domestico e nel mondo, sulla sua reputazione.
L’iniziativa descritta, tuttavia, in assenza di una riforma legislativa complessiva della materia, continuerà a restituire risultati interessanti esclusivamente in virtù della capacità degli operatori coinvolti di offrire all’utente un sistema adeguato di incentivazione al recupero, a valle, del materiale.
Ciò in quanto, a differenza di ciò che avviene in altri stati europei, non è previsto – a monte – un sistema di maggiorazione dei costi del prodotto da compensare al momento dello smaltimento dell’imballaggio, con la possibilità quindi di monetizzare il maggiore importo sostenuto in fase di acquisto, per scoraggiare così la successiva dispersione degli imballaggi nell’ambiente.
Se è vero, però, che tutti i grandi cambiamenti cominciano con un piccolo passo, il recente bando, potrebbe consentire, nel tempo, di ripensare interamente un modello che continua ad essere, sotto diversi aspetti, lacunoso e proprio per questo migliorabile.
Sperimentare per credere…
Roberto Minarelli – socio fondatore Momentumgreen
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